L’origine del Pesto genovese affonda le sue radici in un passato molto lontano…
E con un pizzico di licenza poetica,si può iniziare a raccontare l’origine del Pesto con una leggenda: si narra che, intorno dell’anno Mille, sulle alture di Prà (oggi quartiere genovese), esistesse un convento dedicato a San Basilio, nei cui possedimenti cresceva un’erba aromatica molto apprezzata dai frati che lì vivevano e che chiamavano basilium, in onore del loro santo protettore. Un giorno un frate del convento, per preparare un pasto, raccolse le foglie di basilium, le mise in una ciotola assieme ad altri ingredienti offerti dai fedeli e pestando il composto, ottenne la prima versione del Pesto.
Da un punto di vista strettamente storico, il Pesto genovese ha invece antenati molto antichi. Nell’antica Roma il mortaio (proprio come quello che si usa ancor oggi per preparare il Pesto) veniva utilizzato nelle cucine dell’impero e fra la ricette più in voga c’era una salsa a base di aglio, erbe aromatiche, formaggio, sale e olio. In pratica, una versione “agliata” della nostra salsa pestata, che ritroviamo in una ricetta simile nel Medioevo, la quale viene riconosciuta dagli storici ed esperti di storia genovese come il primo vero antenato del Pesto. Era la Agiadda, salsa diffusa in Liguria a base di aglio, olio, aceto e sale, usata sia per condire, sia per conservare il cibo.
Con il trascorrere dei secoli, la salsa “agliata” continua la sua evoluzione verso una trasformazione definitiva nel Pesto alla genovese, anche se ne perdono un po’ le tracce dal punto di vista storico e bibliografico.
Il successivo fondamentale passo di cui abbiamo notizia arriva nel 1863, quando Giovanni Battista Ratto pubblica “La cuciniera genovese”, libro dedicato alle ricette della vera cucina locale. Su tutte spicca quella di una salsa a base di “battuto di aglio e basilico”: un preparato per “condire la pasta” e che, in base a quanto descritto da Ratto, possiamo definire l’anello di congiunzione fra salsa “agliata” e Pesto genovese. Infatti sul libro così si legge “… prendete uno spicchio d’aglio, baxaicö (basilico)…. formaggio olandese e parmigiano grattugiati e mescolati insieme e dei pignoli (pinoli) e pestate il tutto in mortaio con poco burro…”.
Altro step fondamentale si registra nel 1910, quando un noto gastronomo dell’epoca, Emerico Romano Calvetti, pubblicava una raccolta di ricette genovesi della tradizione, ma da lui rielaborate in una chiave più “attuale”. E proprio in questo volume la ricetta della salsa per la pasta a base di “battuto di aglio e basilico” si trasformava in una versione quasi definitiva di quella del Pesto genovese. Infatti l’olio extravergine d’oliva prendeva il posto del burro, così come il pecorino sardo soppiantava il formaggio olandese.
Nel corso del XX secolo la ricetta si è ancora evoluta, con piccoli aggiustamenti qua e là, ma la strada intrapresa era verso quella conosciuta ancora oggi. Ovviamente come per ogni ricetta genovese che si rispetti, non ne esiste un’unica versione, visto che ogni città, paese, quartiere e famiglia tende a mantenere viva il tipo di preparazione tramandata dai propri avi.
Ma la ricetta ormai riconosciuta universalmente è quella che viene indicata dal disciplinare del “Consorzio del Pesto Genovese”, lodevole iniziativa simbolica, con i suoi fantastici 7 ingredienti, di cui ben 4 DOP (basilico genovese, olio extravergine d’oliva Riviera Ligure, pecorino Fiore Sardo e Grana Padano), 1 Presidio Slow Food (aglio di Vessalico), nonché pinoli italiani e sale grosso.
E anche noi, come modo21 facciamo il nostro pesto genovese sia per la trattoria che in vasetto con i 7 ingredienti della ricetta popolare.
Ma la storia del Pesto genovese è ancora “work in progress”, visto l’enorme successo che questa salsa sta riscuotendo sempre di più in ogni angolo del mondo, grazie anche ai tanti liguri emigrati che portano sempre nel cuore un po’ della loro cucina d’origine. Infatti il Pesto è stato inserito nell’elenco dei PAT (Prodotti agroalimentari tradizionali) italiani riconosciuti, istituito dal Ministero delle Politiche Agricole , che ha anche il compito di promuoverne la conoscenza a livello nazionale ed estero.
Un curricula non male per una salsa che ha attraversato quasi 2mila anni di storia…